GIUBILEO DELLA SPERANZA 2025
Famiglie nella Bibbia: il filo rosso della speranza
Incontro con la biblista Laura Paladino
Viviamo tempi complessi: in famiglia i silenzi pesano, i figli sono assorbiti dagli schermi e sembrano lontani. Il lavoro e le preoccupazioni ci schiacciano, mentre fuori guerre, catastrofi e tanta rabbia. In tutto questo, dove è la speranza?
È proprio da questa domanda è nato l’incontro “Famiglie nella Bibbia: il filo rosso della speranza”, guidato dalla biblista Laura Paladino, moglie e madre, che ci ha accompagnato nelle storie familiari della Scrittura.
Un viaggio che non ha offerto risposte facili né modelli irraggiungibili, ma ci ha mostrato famiglie vere, fragili, imperfette. Famiglie profondamente umane, come le nostre. “Le famiglie della Bibbia non sono perfette. Ma sono abitate da Dio. È lì che nasce la speranza: non da storie ideali, ma da legami fragili e reali, che Dio non abbandona mai.”
Adamo ed Eva cadono nel peccano. Ma restano insieme. Dopo Caino e Abele, nasce Set: la vita continua. Dio non abbandona, tesse speranza anche nelle fragilità.
Abramo e Sara partono senza certezze, guidati dalla promessa di un figlio. Nonostante la sterilità di Sara, quando ogni speranza sembra svanire, nasce Isacco, il figlio del sorriso. “Ogni figlio – ha detto Laura – è segno che Dio mantiene la sua promessa.” Anche la prova della legatura di Isacco diventa occasione di fede: Dio ferma la mano di Abramo, Isacco vive, e con lui rinasce la speranza. Laura ha sottolineato: “Quel figlio che porta la legna è immagine di Gesù che porta la croce: la speranza che attraversa la prova e vince la morte.”
Anche Agar, scacciata con Ismaele, perché non figlio di Sara, non è abbandonata da Dio. Anzi, nel deserto riceve si prende cura di loro. Perché ogni vita, anche quella scartata, è preziosa ai suoi occhi. E un giorno, Isacco e Ismaele si ritroveranno a seppellire il padre Abramo: la riconciliazione è possibile, anche nelle famiglie ferite.
Anche Rebecca è sterile, ma partorisce due figli, Giacobbe ed Esaù, già in lotta nel grembo. Giacobbe inganna e fugge. Un giorno torna, e i due fratelli si abbracciano. “I conflitti familiari – ci ha ricordato– anche i più duri, possono essere guariti con fede e pazienza.”
E poi c’è Ruth, vedova e straniera. Accolta in una terra che non era la sua, diventa madre di una discendenza da cui nascerà Davide, e poi Gesù. Dove c’è ferita, Dio fa nascere salvezza.
Queste storie non sono favole ma storie che parlano di noi. Unite da un filo rosso di speranza, non ingenua, ma radicata nella fatica, nell’attesa, nel dolore. Il filo che Dio tesse nella vita vera, giorno dopo giorno. “Dio non cerca famiglie ideali ma famiglie vere. E si fa spazio in chi si fida e ama.”
Laura ci ha portati anche a Nazaret, nella casa semplice di Giuseppe, che non parla ma ascolta Dio, ama nel silenzio e custodisce Maria e Gesù con tenerezza. Come tanti padri di oggi, lontani dai riflettori ma essenziali. Non è giusto per la legge, ma perché obbedisce alla voce di Dio. “Non serve essere perfetti – ha sottolineato – ma fedeli. La famiglia si costruisce con piccoli gesti d’amore.” Il cuore della speranza cristiana è sapere che non siamo soli: Dio cammina con noi nelle piccole cose quotidiane: tra piatti da lavare, figli da ascoltare e tensioni da risolvere. La speranza è amare ogni giorno, tra fragilità, riconciliazioni e nel generare e custodire la vita. “Perché Dio non ci chiede di essere eroi, ma fedeli. Non di non cadere, ma di rialzarci insieme.”
Alla fine dell’incontro, Laura ci ha lasciato segni concreti di speranza: parole che non feriscono, gesti che rassicurano, sguardi che accolgono. “La pace comincia nelle nostre case si costruisce con scelte semplici, ma coraggiose. È scegliere di aprire le braccia, come Cristo sulla croce: non per difendersi, ma per amare.” Ogni gesto d’amore, ogni perdono concesso, ogni figlio accolto, ogni anziano custodito è segno che Dio è con noi e continua a tenere il filo della speranza, anche quando sembra spezzato. Possiamo fermarci, ascoltarci, perdonarci, ricominciare.
“Non viviamo per speranza, ma nella speranza. E questo fa tutta la differenza.” Camminiamo con fiaccole accese, anche nelle notti più buie. Perché è lì, proprio nella nostra vita concreta, ferita e amata, che Dio tesse il suo filo d’amore e speranza. Senza stancarsi mai.